La geologia della Greina

Il giro della Greina (Greina Ebene) è una delle camminate più classiche dell’escursionismo ticinese. Con questo breve testo vogliamo accompagnare l’escursionista nel suo viaggio con un racconto sulla natura geologica delle rocce incontrate.

Per chi volesse approfondire l’argomento, un’ottima base cartografica è offerta dal foglio 136 Greina dell’atlante geologico nazionale, mentre informazioni dettagliate sono reperibili nei lavori di Baumer et al. (1961), Jung (1963), Baumer (1964, GS-39), Frey (1967, NF-131), Voll (1976), Kupferschmid (1977), Merz (1989), Etter (1987), Steinmann (1994),  Wiederkehr (2009) e Galster (2010a, 2010b e 2012). Per qualsiasi informazione, approfondimento e escursioni guidate, potete invece contattarci attraverso il form.

Per questioni pratiche rinunceremo alla tratta iniziale e partiremo direttamente dal posteggio sotto l’alpe di Fontana San Martino, in alta Val Camadra e arriveremo alla diga del Luzzone (Luzzone dam). Questo in quanto le formazioni osservabili nella risalita della bassa Valle Camadra si ripresentano poi fra Crap la Crusch e l’Alpe di Motterascio.

Alta Val Camadra – Piz Medel – Muot la Greina

Poco dopo aver superato l’abitato di Daigra, la strada carrabile giunge ad un ponticello oltre il quale il transito veicolare è autorizzato ai soli possessori di permesso scritto da parte del Patriziato. Qui, sotto al ponticello, troviamo un limite tettonico che tramite la faglia del Lago Retico separa le masse sedimentarie nerastre a sud dagli gneiss biancastri del “massiccio” del Gottardo a nord. La faglia, che corre dalla Cima della Bianca in Val di Campo fino al Pizzo Coroi in Valle Cavalasca, è individuabile nei solchi speculari del Ri di Prüsfà e del Ri di Sassina posti rispettivamente ad ovest e ad est dell’osservatore.

Il limite oggi appare assai netto, ma occorre osservare come in realtà la storia sia stata un poco più complessa. Le formazioni sedimentarie a sud vennero ad appoggiarsi con un movimento di scorrimento verso nordovest sul “massiccio” del Gottardo. La linea di contatto tettonico in origine doveva essere alquanto orizzontale o leggermente pendente verso sudest, ma in seguito i movimenti orogenici ne crearono il ripiegamento prima e il raddrizzamento poi portandola localmente ad essere quasi verticale o addirittura a pendere verso nord. Da ultimo il contatto fu ripreso e rimobilizzato dall’attuale faglia del Lago Retico.

La distanza totale percorsa dalle masse sedimentarie a sud per venire a poggiarsi sul massiccio del Gottardo non è nota e a dipendenza della scuola di pensiero varia da un massimo di qualche chilometro a qualche decina di chilometri. Riprenderemo la questione verso la fine del giro quando arriveremo in zona Motterascio, per ora occorre semplicemente tenere a mente che attraversando il Ri di Prüsfà entriamo nell’unità tettonica classicamente chiamata “massiccio” del Gottardo e che il contatto fra le rocce a sud e le rocce a nord, che oggi sembra così solidale, non è affatto primario ma è la conseguenza della tettonica alpina e dei movimenti relativi fra masse enormi di roccia indipendenti le une dalle altre (unità tettoniche o falde).

L’unità del Gottardo

Le rocce del “massiccio” del Gottardo ci accompagneranno fino al Pian Geirett e poi più su, lungo il Brenno della Greina prima e il Rhein da Sumvigt dopo, fino a Crap la Crusch, dove piegando verso sud le abbandoneremo alle nostre spalle.

Se però trovandoci fra l’Alpe di Camadra di fuori (1745 msm) e il Pian Geirett volgiamo lo sguardo a est verso il lato orografico sinistro della valle ecco che ritroviamo le rocce nerastre che avevamo lasciato attraversando il Ri di Prüsfà. Queste occupano i pendii di Sassina e Marumo oltre quota 2000 dove fra il pietrisco e le pasture possiamo scorgere una linea di netto contrasto con rocce nere al di sopra e una banda giallastra al di sotto. Si tratta dello stesso contatto tettonico visto alla partenza, ma qui senza il disturbo tardivo della faglia del Lago Retico e ora orientato verso nord con un’angolazione a tratti orizzontale ma generalmente pendente da sud verso nord.

Sopra il contatto troviamo le rocce Giurassiche dell’unità di Scopi con la loro porzione più giovane alla base, a prova della natura tettonica del contatto. Sotto troviamo invece delle dolomie e delle arenarie bianche (arcosi) a cui viene attribuita un’età Triassica (da 250 a 200 milioni di anni fa o Ma) direttamente poggianti sugli gneiss del Gottardo ben più antichi (qui Streifengneiss di 450-430 Ma). In questo caso il contatto fra le arcosi e gli gneiss è assolutamente stratigrafico e rappresenta uno degli eventi più rivoluzionari nella storia geologica della regione alpina: la trasgressione Triassica basale.

Gli gneiss del Gottardo hanno un’età molto antica e gran parte di essi ha subito almeno un ciclo orogenico prima di quello alpino. Nel Carbonifero inferiore (360-318 Ma) si eresse infatti una catena montuosa precedente alle Alpi e appartenente al ciclo Varisico (anche detto Ercinico) di cui troviamo tracce specialmente in Francia, Germania e Repubblica Cieca. Nel tardo Carbonifero e nel Permiano (300-250 Ma) questa andò in contro ad un vero e proprio collasso e nella futura zona alpina lasciò il posto ad un penepiano. Alla fine del Permiano e nel corso del Triassico le pianure furono inondate cosa che permise la formazione di depositi sedimentari nella forma di arenarie quarzitiche e arcosi prima e di dolomie con evaporiti poi. La tipologia dei depositi testimonia come le condizioni ambientali fossero comparabili a vaste distese in zone aride e interessate da inondazioni marine più o meno persistenti, ma sempre caratterizzate da una colonna d’acqua molto limitata. Nella letteratura alpina classica questo tipo di stratigrafia prende il nome di Trias Germanico ridotto (Gignoux, 1950) e lo troviamo nei paraggi di una quasi mitologica prolungazione sudoccidentale del massiccio Boemo (Rep. Cieca) che prende il nome di limite Vindeliciano. Intorno al limite esistevano condizioni marine ben più persistenti e con tassi di subsidenza maggiori che diedero luogo ai mari del Muschelkalk a nord e al mare Alpino a sud e a l’est. L’esistenza del limite Vindeliciano, di cui il Gottardo e le unità limitrofe dovevano essere una sorta di promontorio meridionale, è supportata dal contrasto sia di facies che faunistico fra i due mari (Ricour, 1952). Esempi odierni di sedimentazioni analoghe possono essere ricercati nei Sabkhah del Golfo Persico, nel Mar Morto, in alcune parti dei deserti del Sahara e del Namib.

Al di sotto delle arcosi, fino al Brenno e sotto i nostri piedi fin su al Pass d’Uffiern e alla Cima di Camadra, troviamo invece i già citati Streifengneiss. Trattasi di rocce di origine magmatica che fecero intrusione all’interno di un complesso metamorfico nel tardo Ordoviciano (460-445 Ma) e nel primo Siluriano (fino a 440 Ma). Oggi gli Streifengneiss si presentano come rocce a bande chiare composte da vermicoli allungati di quarzo e feldspati in una matrice micacea e cloritica. Questo è principalmente il risultato della deformazione subita durante il ciclo Varisico in epoca Carbonifera (vedi sopra). Un bel complesso di Streifengneiss può essere osservato nelle rocce montonate sopra la carreggiata fra il penultimo tornante (1960 msm) e il Pian Geirett.

A Valle della carreggiata e nel primo tratto di tornante troviamo invece un bel esempio del complesso metamorfico all’interno del quale gli Streifengneiss fecero intrusione. Trattasi di migmatiti e gneiss micacei a plagioclasio e feldspato alcalino di età incerta fra il Cambriano (540-490 Ma) e il Neoproterozoico (1000- 540 Ma).

Seguendo il sentiero verso il fiume Brenno arriviamo alle arcosi bianche, qui con arenarie quarzitiche e una parte basale verdastra. È un conglomerato, ricco di clorite e assimilabile al “Verrucano” elvetico. Si tratta di formazioni detritiche grossolane, a tratti con vulcaniti, che localmente hanno riempito i bacini intramontagnosi e i graben (depressioni bordate da faglie) esistenti principalmente nel tardo Carbonifero e nel Permiano durante e dopo lo smantellamento della catena Varisica. Nella zona della Greina il complesso analogo più vicino si trova fra l’Alp Cavel in Lumnezia e Carpet in Val Sumvigt, dove troviamo le metarioliti e i conglomerati della scaglia di Carpet.

Il sentiero segnalato lungo il Brenno ci porta a lambire i ripidi pendii sotto la Capanna Scaletta. Questi sono in parte ricoperti dai conoidi composti per lo più da scaglie e frammenti di una pietra nera che tanto ricorda l’ardesia. Si tratta ancora una volta degli scisti Giurassici dell’unità di Scopi della quale ci occuperemo più avanti.

La ripida ma breve salita verso qta 2148 ci riporta invece nell’unità del Gottardo con le sue dolomie, le arenarie e infine gli Streifengneiss. Se volgiamo lo sguardo verso ovest possiamo ammirare la grandezza del Cogn di Camadra e dei versanti occupati dagli orthogneiss (gneiss derivanti da rocce magmatiche) del Gottardo, che dal solco del Ri di Prusfà giungono, attraverso il Sasso Lanzone e le Cento Valli, fino al Medel per poi continuare verso nordest attraverso il crinale fra i pizzi Gaglianera e da Stiarls e poi giu fino al Muot la Greina e la Camona dove improvvisamente si infrangono nuovamente contro gli scisti nerastri di età giurassica.

La vetta del Piz Valdraus, il punto più a nord del Canton Ticino, è invece di natura diversa e fa parte del complesso dei cosidetti gneiss di Val Nalps. Si tratta anche in questo caso di rocce metamorfiche del Gottardo derivanti però non da granitoidi, come era il caso per gli Streifengneiss, ma bensì da rocce di origine sedimentaria. Per questo motivo e per il loro aspetto “gneissico” vengono classificati come paragneiss. La roccia sedimentaria originaria, per la quale si usa l’appellativo di protolite, doveva essere ricca di intercalazioni vulcaniche di natura per lo più basica quindi influenzate da magma derivanti direttamente dal mantello terrestre.

Uno scenario plausibile per la formazione di questo complesso sedimentario a intercalazioni vulcaniche può essere quello di una fossa oceanica nei pressi di un arco vulcanico un po’ come le attuali Ande in Sud America. A rinforzare questo scenario troviamo, a nord del Valdraus e dietro il Piz Vigliuts, delle rocce severe, molto scure, nere con tendenza al verde, a tratti con bande chiare. Si tratta di anfiboliti con rare lenti ultrabasiche il cui protolite deriva con buona probabilità da una vecchia porzione di crosta oceanica (MORB) o ad ogni modo da un magma derivante direttamente dalla fusione parziale del mantello terrestre nel Neoproteroico (1000-540 Ma).

La mineralogia del complesso rivela come lo stesso, prima del ciclo alpino, abbia subito un forte grado di metamorfismo dominato dalla pressione prima (eclogite) e dalle altissime temperature poi (granulite-anfibolite). Il che pone il complesso di Val Nalps in un contesto orogenico ante alpino per il quale possiamo pensare alla subduzione di una porzione della crosta oceanica prima e alla collisione fra placche continentali poi. La datazione agli isotopi radioattivi dei minerali metamorfici e di alcuni corpi magmatici fissa tale ciclo orogenico al primo Ordoviciano (ca. 470 Ma).

Se confrontiamo l’età del ciclo orogenico registrata nelle rocce del Piz Valdraus (470 Ma) e la compariamo con l’età degli Streifengneiss (440 Ma), dobbiamo accettare che l’intensa deformazione di questi ultimi non possa essere legata allo stesso ciclo orogenico ma debba forzatamente essere più giovane. Possiamo quindi concludere che nelle rocce della Greina abbiamo la prova di ben tre cicli orogenici:

  • Uno, il più severo, che ha avuto luogo nell’Ordoviciano inferiore ed è splendidamente registrato negli gneiss di Val Nalps, può essere osservato sulla vetta del Piz Valdraus.
  • Un secondo che è testimoniato dall’intensa deformazione degli Streifengneiss di età Siluriana (440 Ma) e che è assente nei granitoidi  del Piz Cristallina (vedi sotto) e nelle arenarie e dolomie della Val Camadra e quindi deve essere forzatamente ante alpino.
  • Un terzo, l’ultimo, forse il meno intenso, è quello di cui possiamo ammirarne la bellezza. Con le sue forze ha creato e Alpi e nel piccolo della Greina ha portato alla deformazione delle rocce Giurassiche che oggi possiamo osservare capovolte sul massiccio del Gottardo.

Per chiudere il cerchio di questa prima tappa, occorre riprendere i granitoidi del Piz Cristallina, i quali insieme a quelli della Val Medel e alle dioriti di Uffiern, fanno intrusione nei complessi metamorfici del piz Valdraus e negli Streifengneiss tra la fine del Carbonifero e l’inizio del Permiano (300-290 Ma). Questi granitoidi non mostrano alcuna deformazione se non quella alpina, ragion per cui il ciclo degli Streifengneiss ha un’età compresa fra 440 e 300 Ma. In altre parti delle Alpi questo ciclo, quello Varisico, ha potuto essere individuato nel Carbonifero inferiore fra 360 e 318 Ma.

Continua…

A cura di Federico Galster, PhD